Nel nome di Allah, il Misericordioso nella trascendenza e nell’immanenza.
Alif Lam Mim – Gli uomini pensano di poter dire: “Crediamo” senza essere messi alla prova?
Ma noi abbiamo messo alla prova quanti vissero prima di loro. Allah saprà chi ha detto la verità, e saprà chi ha mentito. I malvagi pensano di scampare a Noi? Quanto male giudicano!
Chi spera di incontrare Allah sappia che il termine di Allah si avvicina, Egli è Colui che ascolta, il Sapiente. Chi si adopera per la fede lo fa a proprio vantaggio; Allah non ha alcun bisogno dei mondi.
Quelli che credono e compiono le buone azioni, Noi li purificheremo delle loro cattive azioni e li ricompenseremo per quel che avranno fatto di meglio. Abbiamo prescritto all’uomo di essere buono con i genitori, ma se questi insisteranno perché tu associ a Me creature delle quali non sai nulla, non ubbidire. A Me ritornerete e allora vi informerò di quello che avete compiuto.
Noi accoglieremo nel numero dei buoni quelli che credono e fanno il bene, tra gli uomini c’è chi dice: “Crediamo in Allah”, ma quando sono perseguitati a causa di Allah, considerano la prova inflitta loro dagli uomini un castigo di Allah. Quando Allah vi darà la vittoria dicono: “Stavamo dalla vostra parte”; forse Allah non sa quello che si nasconde nei cuori? Allah saprà chi sono i credenti, e saprà chi sono gli ipocriti.
I miscredenti dicono ai credenti: “Seguite la nostra via e noi ci faremo carico dei vostri peccati”. Ma non si faranno affatto carico dei loro peccati, perché sono dei bugiardi. Già dovranno rispondere del loro proprio carico e anche di altri, e nel giorno della resurrezione saranno interrogati delle loro invenzioni.
Surat al-ankabut, il ragno, XXIX: 1-13
O credenti, benvenuti alla prova di Allah.
Gli esegeti musulmani si dividono tra coloro che attribuiscono questa rivelazione al periodo Meccano, tranne i primi dieci versetti che sarebbero Medinesi. Altri dicono che tutto il capitolo è Medinese, tranne i primi dieci versetti che sono Meccani.
Il titolo della surat al-ankabut è emblematico dello sforzo del ragno che costruisce una ragnatela e simbolicamente viene paragonato all’uomo ignorante e presuntuoso che misconosce la natura di Allah e dell’al di là e si prende come protezione altro al di fuori di Allah e non si prepara per ciò che lo attende dopo la morte.
I primi versetti ci insegnano il valore delle prove che Allah () offre ai credenti nella vita affinché dall’esercizio del sacrifico possa maturare la verità.
Al-Tustari () dice che “Le afflizioni sono una porta di accesso tra le persone della Conoscenza spirituale e Allah”, intendendo dire che tramite la determinazione nell’affrontare le prove si accede alla Conoscenza.
Sembra che le circostanze per l’ispirazione e la trasmissione di questi primi versetti siano state la lamentazione dei genitori del primo compagno deceduto nella battaglia di Badr,oppure l’impossibilità di un gruppo di musulmani di emigrare e seguire il Profeta () e che, successivamente, sarebbero stati prima perseguitati e poi uccisi. Si tratta di primi segnali che sembrano mettere in discussione da parte di alcuni la veridicità divina del messaggero, come se la vittoria della sua missione profetica e della Volontà di Allah non potesse passare anche da segni di martirio, sofferenza e difficoltà.
Secondo al-Tabari () Allah conosce bene le nature e le disposizioni delle Sue creature ma articola queste prove affinché essi sappiano far prevalere e manifestare la loro vera natura. Le prove hanno proprio questa funzione maieutica: favorire l’emersione della vera natura del credente e purificare dagli errori. Ciò che viene fatto in alternativa ad una intenzione di adorazione del proprio Signore non ha alcuna reale valenza. Le azioni iscritte nella vita tradizionale, secondo al-Razi (), sono: la riattualizzazione nei cuori dei credenti della fede, della riflessione e della testimonianza; l’aggiornamento della lingua nell’esprimere ciò che c’è nel cuore; la rivivificazione del corpo tramite i comportamenti di obbedienza e servizio.
Cari fratelli e sorelle,
Un hadith del profeta Muhammad () trasmesso da ‘Urwa al-Fuqaymi e da Ahmad ibn Hanbal dice:
Inna al-dina yusrun, la Religione è facile.
Il Messaggero dell’Islam () ha detto: “La religione più amata da Allah è la fede semplice (samHa) e primordiale (hanafiyyah).” (al-Bukhari).
Da ‘Abd al-Salam ibn Mutahhar – ‘Umar ibn ‘Ali – Ma’n ibn Muhammad al-Ghifari – Sa’id ibn Abi Said al-Maqburi – Abu Hurayra ()
Il Profeta Muhammad () ha detto: “In verità la Religione è facile, se qualcuno la rende difficile (mushadda) ne verrà sopraffatto. Segui la via mediana (saddidu), fai del tuo meglio per avvicinarti (qaribu) al bene, trasmetti buone novelle (abshiru), e cerca soccorso di primo mattino (ghadwa), di pomeriggio (rawHa) e in parte della notte (dulja).”
Il verbo mushadda, intensificare, in questa tradizione assume il significato di rendere difficile la religione, cercare di dominare o di assolutizzare, aumentandone per eccesso la potenza o la proprietà. L’immagine che si vuole correggere è quella del credente che si immerge nel culto e nega a sé stesso la gentilezza a tal punto da fallire e venire sconfitto da questa manipolazione sproporzionata del valore della pratica religiosa.
Ibn al-Munir () insegna: “questo hadith è uno dei segni della profezia. Abbiamo visto, proprio come hanno osservato coloro che ci hanno preceduto, che chiunque scelga di portare la religione all’estremismo, oltre e al di fuori dal quadro tradizionale di riferimento, finisce male e viene consumato e bruciato dal suo stesso artificio.”
Alcuni maestri musulmani insegnano ai loro studenti che le difficoltà o le facilità che i credenti attraversano nelle prove della vita non dipendono tanto dalla identità o dalla complessità della prova quanto dal modo di affrontare le prove stesse: con quali intenzione e disponibilità, con quali metodo e mezzi, con quali qualità e finalità. I nostri maestri ci invitano a discernere, ad esempio, tra l’avarizia, lo spreco, la generosità e il distacco.
Queste quattro possibilità interpretative possono rappresentare quattro modi differenti di gestire il bene nella prova. Chi volesse possedere il bene per farne un abuso esclusivo, individuale e mondano, in realtà, vive la prova e le difficoltà dell’avarizia, senza che questo approccio sia mai di alcun beneficio sulla terra e nell’al di là. Infatti, l’avaro non ha fede.
Chi, invece, vuole gestire il bene della prova seguendo un metodo basato sulla propria valutazione soggettiva delle opportunità o delle condizioni esteriori partecipa solo in una misura insufficiente del bene ricevuto e ne spreca la maggior parte misconoscendo la vera natura del bene nella sua integralità e universalità, persino relativamente all’esperienza della vita sulla terra.
La generosità è una prova veramente difficile ma corrisponde alla giusta regola di piena partecipazione al bene come circolazione costante e miracolosa. Un risultato soddisfacente è quello di esser sempre grati senza mai essere gratificati.
Infine, il distacco è una prova spirituale eccezionale di relazione con il Bene perché, seguendo questa Via, il musulmano realizza il modello eccellente del profeta Muhammad di servizio puro e, nello stesso tempo, di trasmissione della scienza utile con una intenzione che supera l’efficacia ordinaria della circolazione generosa e la rende ancora più incisiva e duratura. Ma il carattere di questa prova prevede la necessità di essere in anticipo nel combattimento contro le opposizioni viscerali alla Verità operativa.