E non siate come coloro che dimenticano Allah, e ai quali Allah fece dimenticare se stessi: quelli sono i perversi!
Surat al-Hashr, la sura del bando. LIX: 19
In questo versetto della surat al-Hashr, traducibile con il “rassemblamento”, Allah () si indirizza a “coloro che credono e che praticano la taqwa”, questo timore di Allah che è inseparabile dalla fede, espressione del nostro sforzo interiore ed esteriore per premonirci ricercando la protezione di Allah, non solo contro l’avversario, contro l’anima ribelle e non sottomessa, ma anche contro le conseguenze dei nostri atti e l’ira di Allah.
Allah ordina di non essere come coloro che hanno dimenticato Allah, ordine divino tramite il quale Allah ci mette in guardia da noi stessi, contro le tendenze intrinseche dell’uomo che dimentica, che dimentica la Signoria di Allah e la servitù ontologica di ogni creatura, dimostrando così la propria ignoranza, esprimendo la propria ingiustizia e ingratitudine verso Allah. In effetti, non abbiamo già messo in evidenza precedentemente che il termine Insan, che rappresenta l’uomo in arabo, contiene le stesse lettere della parola nisyan, la dimenticanza?
L’uomo della Tradizione autentica, il vero musulmano è colui che combatte questa tendenza naturale e congenita tramite la fede, la pratica della taqwa e soprattutto del dhikr, il santo ricordo di Allah. La fede, il timore e il ricordo di Allah sono inseparabili. A cosa serve credere senza timore, e ancor peggio senza il ricordo dello Spirito che vivifica, purifica, sacralizza le intenzioni e gli atti?
Il credente che non si ricorda di Allah, che si astiene dalla conformità tradizionale ed è negligente nella pratica rituale, perde la purificazione del cuore e l’esercizio delle virtù, questo credente non è pienamente musulmano, sottomesso alla volontà di Allah, e non è neppure pienamente umano perché ha permesso alla sua tendenza inferiore di dimenticare di prevalere sulla sua vera natura spirituale, la sua fitra fatta secondo la Forma di Allah: la sua identità si è oscurata ed è diventata perversa, per fare spazio a quella di colui che ha dimenticato Allah. Tra fedeltà e infedeltà, tra luce e oscurità, i perversi non conoscono ne Allah ne la loro natura autentica.
La conseguenza di questa dimenticanza di Allah ricade sulle persone dimentiche, poiché dimenticando il proprio Creatore e Signore, essi si dimenticano anche della loro natura di creature e servitori e persino della loro stessa natura intima creata a immagine del Misericordioso nella trascendenza. Dunque si è dimenticato di se stesso, o meglio, Allah lo ha fatto dimentico, di certo non nel senso di una estinzione ma, al contrario, nel ricordo esclusivo e illusorio della propria individualità, della propria natura inferiore, a discapito del Sé divino e spirituale che ogni uomo custodisce. Solo nel ricordo di Allah ci si dimentica dell’io.
“L’Islam è iniziato straniero e ritornerà straniero. Benedetti gli stranieri!”. “Che tu sia in questo mondo come uno straniero o qualcuno di passaggio!”.
Alle nostre autorità temporali, civili e nazionali che affermano di voler forse e finalmente accogliere le particolarità degli stranieri anche se non corrispondono alle nostre caratteristiche personali e nazionali, noi siamo tentati di rispondere che neppure noi, musulmani italiani e francesi, siamo stranieri come gli altri.
Ma se è vero che non siamo stranieri come gli altri, è altrettanto vero che è questo mondo moderno ad essere troppo estraneo per noi, privato di ogni dimensione verticale e di profondità e che fa di noi degli estranei, persino nei confronti dei nostri fratelli orientali almeno nei confronti di coloro che non hanno più l’orientamento verso la terza dimensione della croce, che fa di ogni uomo, un essere creato secondo la “forma del Misericordioso nella trascendenza”.
Ma la dimensione della spiritualità non può essere aggiunta artificialmente a quella della lunghezza e della larghezza che caratterizzano la nostra anima e il nostro corpo, solo sul piano delle buone intenzioni e della pratica rituale. Le tre dimensioni devono essere ben presenti “in ogni battito e con ogni soffio” della nostra vita come della testimonianza della nostra fede.
Questa testimonianza di fede non deve essere presentata solo verso l’esteriore, verso il nostro prossimo, ma deve essere indirizzata soprattutto verso noi stessi, all’interno del nostro atteggiamento e comportamento, che non è solo mentale o sentimentale, orizzontale, ma verticale e assiale, nella direzione di una ascesi, per elevare lo “Spirito al di sopra di noi stessi”, per ritrovare in questo Spirito l’identità naturale dell’uomo, al di là di ogni maschera e artificio, per ritrovare la vera natura dell’uomo, per essere infine degli uomini autentici, degli uomini che non sono sottomessi se non solo ad Allah.
Shaykh Abd al-Wahid