Quelli che voi adorate in Suo luogo non sono che nomi che voi e i padri vostri avete inventato, e Allah non vi ha dato potere di farlo. Ma il giudizio non spetta che a Allah, che comanda che nessuno adoriate, ma Lui. Questa è la religione retta, ma i più degli uomini non lo sanno!
Surat Yusuf, XII: 40
O credenti, bentornati ad un momento di ritiro e concentrazione spirituale in compagnia del profeta Yusuf (). Il contesto della rivelazione odierna è quello della prigionia, della compagnia e della testimonianza nella prigionia.
Il versetto recitato oggi si trova in mezzo a due altri versetti nei quali il profeta Yusuf si rivolge ai suoi compagni di prigionia. All’interno della conversazione, il profeta inserisce questa testimonianza, un insegnamento sull’identità di Allah e della religione rispetto alle false divinità e ai culti inutili.
Generazioni di uomini e donne attribuiscono ad alcune cose un nome, una qualità, un potere che le cose non hanno. Ma il mistero su cui Allah ci invita a soffermarci, tramite la scienza speciale che il profeta Yusuf () ha ricevuto, è il mistero dell’attribuzione dei nomi. Il profeta Yusuf () sembra difendere la facoltà che Adam () aveva ricevuto di attribuire i nomi alle cose e insegnare agli angeli i nomi veri delle cose corrispondenti.
Senza menzionare questo episodio fondamentale di interpretazione sacra del primo uomo, la sua mediazione tra Creatore e creazione, la sua trasmissione dell’insegnamento agli spiriti angelici, la sua naturale conoscenza nella distinzione delle qualità della molteplicità delle cose, il profeta Yusuf richiama i suoi compagni di prigionia all’errore della parodia di attribuire nomi a cose che non corrispondono alla realtà dei nomi e neppure delle cose.
Suggestione e manipolazione sono gli errori che accompagnano e derivano da questa parodia. A questo richiamo si aggiunge la testimonianza del giudizio vero e dell’identità autentica del Signore di tutte le cose. C’è solo Lui e non le cose da adorare, c’è solo Lui. Le cose non hanno alcun potere, c’è solo Lui che ha potere su tutte le cose, solo Lui. Il culto del puro monoteismo viene testimoniato e insegnato dal profeta Yusuf () all’interno della sua prigionia con i suoi compagni di cella, quando le cose e i loro nomi sembrano essere in tutta evidenza inaccessibili e privati di ogni improbabile sostegno e valore.
Poco importa se la prigionia dei suoi compagni segue una ragione temporale mentre la prigionia del Profeta Yusuf () segue un abuso di potere e una ragione ingiusta, la circostanza viene trasformata dalla scienza della profezia come una nuova occasione di concentrazione spirituale, di comunicazione fraterna e di discernimento più profondo tra il Principio delle cose e i presunti poteri delle cose.
Si mediti anche su questa circostanza che serve come scenario per una conoscenza che esula dalla prigionia. Se un musulmano dovesse fissare la sua attenzione sulle ragioni della prigionia rischia di precludersi la conoscenza che la circostanza deve sostenere ma che, in questo caso, esula dalla contingenza. La conoscenza può venire dalle apparenze o da una scienza che non segue le apparenze e il musulmano deve avere la disposizione di rispettare le circostanze e seguire la conoscenza secondo la Volontà di Allah.
L’insegnamento particolare che il musulmano può cercare di cogliere è quello sulla realtà dei nomi delle cose e sulla Realtà di Allah. Le cose hanno i nomi che il profeta Adam () ha dato loro. Questi nomi permettono di distinguere e conoscere una cosa dall’altra ma è importante non interpretare, immaginare, creare, associare alle cose e ai loro nomi alcun potere aggiuntivo differente dalla loro specifica proprietà e utilità di servizio provvidenziale. L’errore che si diffonde progressivamente è quello di sostituire l’adorazione di Allah con l’adorazione dei nomi delle cose creando una suggestione sui nomi che esula dall’identità delle cose stesse. Si diventa adoratori dei nomi e non delle cose, si diventa adoratori delle proprietà dei nomi che i nomi stessi non hanno, si diventa adoratori di false proprietà dei nomi e non di Allah.
Cari fratelli e sorelle, Qual è il senso che ognuno di noi attribuisce alle cose e ai loro nomi? Non dobbiamo forse ricercare durante la vita e la Via di cogliere il senso dei nomi delle cose proprio come Adam () le aveva insegnate agli angeli e come Adam () le aveva attribuite ad ogni singola cosa creata da Allah, secondo il Suo Ordine?
Pensiamo all’esperienza del profeta Yusuf () di cui la Rivelazione ci trasmette questo segno recitato oggi. Ad esempio, la parola “prigione” che cosa significa, per noi e per il profeta Yusuf ()?
Alcuni diranno, giusta punizione, altri diranno ingiustizia, alcuni diranno ritiro, altri diranno sacrificio, alcuni diranno brutta esperienza, altri diranno buona rieducazione. Noi diremo che la prigione è uno spazio chiuso che deve costringere alla conversione del male verso il bene tramite l’isolamento e la privazione. Alcuni risponderanno che ogni spazio può assumere questo significato con l’eccezione degli spazi aperti. Certo, possiamo dire che cambia solo il grado della costrizione e il livello della privazione e dell’isolamento.
Fatto questo chiarimento, possiamo imparare che per il profeta Yusuf () la prigione, come per il profeta Musa () lo spazio aperto della terra e del mare d’Egitto, è un luogo che ospita la conversione interiore ed esteriore, la scoperta e la trasmissione di una testimonianza di Allah, l’insegnamento che c’è solo Lui che opera la liberazione. Dunque, qualsiasi spazio chiuso e aperto assume il significato di testimonianza e di liberazione in Allah e tramite la profezia. Occorre dunque evitare di associare il nome e la forma di uno spazio o di un luogo ad un giudizio o ad un sentimento o ad una interpretazione di chiusura o apertura, di privazione o di libertà. Ogni spazio e luogo sono una occasione di testimonianza e liberazione in Allah e tramite la profezia, mentre gli ideali di libertà o di vacanza possono essere una prigione tremenda come l’abitazione e la professione, lo svago e il pensionamento, se tutti questi rappresentano una stazione o un sistema che nega lo Spirito e la meditazione sulla condizione specifica della profezia nell’istante e in quel preciso spazio sacro.
Ciò che Adam () insegna, e Yusuf () e Musa () insieme a tutti gli altri profeti vivono, è il nome autentico di ogni cosa che occupa uno spazio o assume una forma e contiene un segreto. Questi nomi sono teofanie, luoghi di espressione dell’Onnipotente e del Misericordioso e, come tali, occasioni di meditazione, conoscenza e contemplazione, ognuno con un’apparente specificità e utilità nell’accompagnamento allo svelamento e all’attrazione per Allah e la profezia.
Se l’uomo segue la sua percezione e il suo giudizio sull’attrazione che le cose generano nel suo animo, sceglierà qualcosa rispetto ad un’altra e attribuirà alle cose scelte e scartate il proprio parametro di utilità e il proprio potere di libertà e di proprietà. Egli sarà così prigioniero del sistema e la sua esistenza si limiterà all’illusione di amministrare le “stazioni” tra privazioni e acquisizioni, distrazioni e soddisfazioni. Per generazioni si potrà anche occasionalmente fare la preghiera che non sarà più una ritualità ma un fenomeno abitudinario al quale dedicarsi in modo opportunistico e passionale. La terra ospiterà credenti e non credenti che non sapranno più il segreto dei nomi delle cose e avranno dimenticato il loro significato autentico. In molti vorranno cambiare l’identità del mondo ma mai loro stessi.
Molti si considereranno liberi ma pochi musulmani cercheranno la conversione e la liberazione, pochi musulmani vivranno ogni occasione e opportunità come una prova di testimonianza di fede e timore nel Dio Unico e nella tradizione dei profeti. Su questa base Allah anticipa la sentenza e la situazione che vivranno i musulmani alla fine dei tempi: il Suo invito è quello di vivere nel mondo di Allah e dei profeti ma senza essere prigionieri e servi della magia dei nomi delle cose private dell’essenza, della forma, dell’identità e dell’utilità.
Dhalika al-din al-qayyimu wa lakinna akthara al-nasi la ya’lamun
Questa è la religione retta, ma i più degli uomini non lo sanno!
La pace per i musulmani di questi tempi si troverà nella sacralità e nella ritualità di una ricerca della Verità nella coscienza profonda dell’escatologia da amministrare con saggezza. I musulmani saranno coloro che praticano e credono nella rettitudine e assialità della religione come coordinate della natura dell’uomo e della ragione della manifestazione divina. La loro stazione di sottomissione li porterà ad ammettere di non sapere e di sapere che Allah e il Suo profeta sanno meglio. Nel loro “non sapere” si confonderanno con l’ignoranza degli altri prigionieri, proprio come il profeta Yusuf () e i suoi compagni condividono la stessa prigione, e come lui, cercheranno di testimoniare dell’Unico, al-Wahid, rispetto all’illusione delle cose snaturate dalla loro realtà e, sempre come il profeta Yusuf (), cercheranno di orientare una conversione e una liberazione in modo indiretto, affidando ai loro compagni un segreto e un significato che possa essere utile allo sviluppo della storia sacra in questo basso mondo e valido per la propria liberazione verso l’Altro.
Secondo l’insegnamento dello shaykh Muhyiddin Ibn ‘Arabi () la Verità dell’Identità di Allah è una Realtà assai differente dalla Sua concezione dove Egli non è altro se non la divinità creata nei dogmi, al-Haqq al-makhluq fi-l-i’tiqadat. Sarebbe presuntuoso cercarlo altrove ma è sbagliato pensare di poterlo limitare alla propria capacità di concepimento rispetto al Nome che porta.
Imam Yahya