A seguito del fermento suscitato dalla proposta dell’On. Tajani di concedere la cittadinanza ai giovani studenti in conclusione del percorso della scuola dell’obbligo, come musulmani della COREIS vorremmo fornire alcune coordinate che speriamo possano essere utili a maturare risoluzioni oculate e sostenibili, anche su questo tema che per diversi motivi, ci tocca da vicino come comunità islamica.
Spesso, infatti, le opposizioni alla concessione della cittadinanza hanno fatto leva sulla tesi di una distinzione tra identità italiana o europea ed altre forme di civiltà, legate alla diversa appartenenza religiosa, in particolare islamica. Questo nonostante il fatto che, ormai, un numero più che consistente di musulmani in Italia non abbiano una recente esperienza migratoria, o siano invece italiani autoctoni, quindi già pienamente cittadini.
La scuola, nel nostro ordinamento e nella vicenda storica della società italiana, rappresenta un valore di civiltà e un garante di cittadinanza. Questo principio è insito in ogni visione tradizionale della res publica e trova un’assonanza anche nella prospettiva religiosa dell’Islam. Già nel 2006, all’audizione per la Carta dei Valori della Cittadinanza e dell’Integrazione promossa dal ministro Amato, avemmo modo di ricordare gli insegnamenti del Profeta Muhammad () secondo cui l’educazione e l’istruzione sono un obbligo [parentale] per tutti i bambini e tutte le bambine, scardinando le ondate di attribuzioni misogine generate - all’epoca e, di ritorno, ancora oggi - dalle derive di gruppi devianti che avevano o hanno tuttora acquisito visibilità nel mondo.
Tale obbligo dell’istruzione non si è mai fermato soltanto allo studio della dottrina e all’apprendimento, in tutto o in parte, del Corano, entrambi necessari alla gestione autonoma delle ritualità, a cominciare dalle cinque preghiere quotidiane, ma ha storicamente riguardato anche il confronto culturale con le diverse civiltà con le quali il mondo islamico è rapidamente entrato in contatto fin dai primi secoli a partire dall’emigrazione del Profeta Muhammad a Medina. (1)
Anche la filosofia e altre scienze hanno beneficiato della mediazione del mondo islamico durante il medioevo, come ormai è di pubblico dominio. Sarebbe quindi un buon segnale se alla Scuola, in quanto istituzione, fosse restituita in generale questa funzione di collegamento fra civiltà interculturale e multiconfessionale, saperi e cittadinanza globale.
Per chi lavora nel mondo della scuola, la proposta del ministro Tajani non cade come un fulmine a ciel sereno, considerando che è stata proprio in questi giorni annunciata la pubblicazione delle nuove linee guida riguardanti il curricolo di Educazione Civica - materia dove trovano spazio anche gli approfondimenti legati agli scambi culturali tra Europa e Mediterraneo - dopo una sperimentazione durata più di tre anni scolastici a partire dalla legge n. 92 del 20 agosto 2019 e le successive linee guida per la sperimentazione, emanate dal MIUR nel 2020.
In effetti, la possibilità di vivere la vita scolastica dalla prima infanzia al primo biennio delle scuole superiori, confrontandosi con docenti, compagni di classe e materie di studio che comprendono anche l’Educazione civica, oltre allo studio della lingua italiana, della storia, filosofia e del pensiero scientifico occidentali, fa sì che anche i giovani provenienti da un contesto migratorio siano naturalmente inseriti nella nostra società, con strumenti culturali forti per vivere pienamente la propria identità specifica (come richiesto dalle Competenze chiave dell’Unione Europea) in relazione armonica con la società.
Lo Ius Scholae, così come proposto dall’on. Tajani, risolverebbe quindi positivamente una parte della questione relativa ai criteri di concessione della cittadinanza italiana, garantendo una crescita più serena almeno alle nuove generazioni, in attesa della promulgazione di norme legislative che tutelino la dignità e il valore anche delle loro nobili famiglie di origine.
Bisogna inoltre prendere atto che è ancora molto radicato nella società italiana ed anche nella cultura scolastica il dualismo tra due cosiddetti “modelli”, ovvero il multiculturalismo di stampo anglosassone, dove il fattore religioso viene ghettizzato e standardizzato e, contemporaneamente, stemperato, dissimulato (e quindi di fatto negato) nell'attenzione esclusiva a dettagli pragmatici (come la dieta o l’abbigliamento, considerati come fini a se stessi e tollerati in quanto “legittime eccentricità”), in contrapposizione al cosiddetto “laicismo alla francese”, di cui stranamente non si riesce a percepire quella stessa carica dogmatica e impositiva che tale filosofia si proporrebbe di contrastare, escludendo di fatto l’elemento religioso dalla sfera pubblica.
Entrambi questi “modelli” non hanno avuto successo o hanno portato a deflagranti fallimenti nella coesione del tessuto sociale e non possono dunque costituire una “buona pratica” di riferimento per il nostro Paese. Il contesto italiano, dal punto di vista sia storico sia culturale, è molto lontano tanto dal mondo anglosassone erede del Commonwealth e delle migrazioni intercontinentali, quanto dalla Francia post-coloniale.
La svolta dello Ius Scholae potrebbe quindi essere un’occasione per rilanciare, a corredo e come spunto di Educazione Civica, un “modello italiano”, veramente virtuoso, di integrazione, sulla base del grande patrimonio di sensibilità e cultura religiosa e interreligiosa che caratterizza la nostra storia e il nostro Paese e che troverebbe terreno fertile nell’orientamento della nostra Costituzione ad un favor religionis.
La cittadinanza, come principio, dovrebbe essere una presa di consapevolezza della propria relazione con lo Stato in cui ci si trova a vivere, e come applicazione, uno scambio di diritti e doveri sulla base di un quadro normativo accettato ma anche dinamico e in divenire, sensibile alle reali esigenze che si presentano.
Sosteniamo quindi questo passo verso una legge sulla cittadinanza che permetta una vita più dignitosa a persone di tutte le provenienze, etnie e religioni che da anni studiano, vivono e lavorano in Italia.
Abu Bakr Moretta
Presidente COREIS Italiana
Mulayka Enriello,
Responsabile per l'educazione COREIS Italiana
1) Per fare alcuni esempi, la “Medicina del Profeta” del sapiente Al-Suyuti (XV-XVI secolo d.C.) riporta come il Profeta Muhammad raccogliesse nozioni mediche da ogni sapiente della medicina con cui venisse in contatto per commercio. Tale testo riporta, tra l’altro, un sunto delle opere di Galeno, riuscendo peraltro a integrarle in una visione anche spirituale che andasse oltre la mera cura fisica, per dare un senso simbolico al rapporto del credente con il suo Signore nel momento della malattia e per traslare il simbolo della malattia alla cura spirituale di cui ogni anima ha bisogno. Citiamo inoltre le opere di organizzazione del dizionario e della grammatica della lingua araba di Al-Khalil (VIII secolo d.C.) e dei suoi discepoli, in un momento in cui la comunità islamica diventava rapidamente multiculturale e poliglotta, o la traduzione dal Sanscrito delle tecniche dell’Algebra e la concomitante introduzione, sempre acquisita dagli Indù, della notazione decimale dei numeri da parte di Al-Khuwarizmi (VIII-IX secolo d.C.).