Questo meeting svoltosi nel cuore dell’Europa, in una Germania che ospita oltre 4 milioni di musulmani, presenti con moschee fin dagli anni ’20, ha fatto emergere alcune risposte di leader religiosi ed esperti accademici dimostrando come l’Islam europeo possa diventare un esempio unico di integrazione, convivenza e armonia fra valori religiosi e civili.
Si è concluso ieri a Berlino un meeting internazionale di tre giorni sull’Islam in Europa promosso dalla storica fondazione Friedrich Ebert (FES). Oltre 50 relatori da diversi paesi europei, ma anche arabi e USA, si sono confrontati in sessioni pubbliche e private su temi relativi alla “crisi del mondo islamico e le risposte dei musulmani”, i profughi, l’estremismo, il riconoscimento delle comunità islamiche da parte delle istituzioni europee, confrontando casi concreti anche in merito a temi specifici come la formazione degli imam europei, la consulenza religiosa nelle strutture pubbliche come ospedali e prigioni, la lotta comune al fondamentalismo da parte delle comunità musulmane, le istituzioni, le forze dell’ordine, le università e la società civile. “Sarebbe in effetti molto utile promuovere piattaforme e coordinamenti europei interdisciplinari fra comunità islamiche, istituzioni e mondo accademico, creando scambi internazionali al fine di condividere buone pratiche – ha affermato il rappresentate della COREIS, Yahya Abd al-Ahad Zanolo, durante la sessione del meeting svoltasi al Bundestag, il Parlamento tedesco, nella sala della commissione Affari Interni (foto in basso) – Forse proprio in questo momento di crisi per l’Europa e di difficoltà di parte del mondo islamico, una maggiore cooperazione e riconoscimento dell’Islam autentico e non politico da parte delle istituzioni potrebbe far emergere la presenza dei musulmani come un sostegno all’Europa, invece di essere considerata solo come un problema da risolvere o integrare. Un sostegno, come stato anche nel medioevo, per aiutare l’Europa a riscoprire la sua identità, che va oltre Schengen e gli accordi economici o di sicurezza, e fonda parte delle sue origini anche nella tradizione abramico-monoteistica di cui l’Islam è il terzo segmento dopo Ebraismo e Cristianesimo”.
Un momento della discussione avvenuta nella Commissione Affari Interni del parlamento tedesco, alla presenza di un suo membro, on. Uli Grötsch, e del direttore della Fondazione Friedrich Ebert, Dietmar Molthagen
Come affermato da una docente dell’Università Islamica di Francoforte, prof. Armina Omerika, “l’unità del mondo islamico nella sua storia non si fondava su una territorialità, bensì proveniva dal dibattito teologico e sapienziale. Per questo un Islam europeo che si concepisca da un punto di vista politico o anche soltanto partitico sarebbe non solo molto pericoloso, ma anche in contraddizione con la sua stessa storia”. Un concetto sostenuto da altri relatori fra cui anche Andrea Zaki Staphanous, cristiano dall’Egitto, presidente di CEOSS, secondo il quale “l’Islam politico attuale è qualcosa di completamente nuovo nella storia dell’Islam stesso; è proprio per questo che la guerra al fondamentalismo va fatta in gran parte anche con le idee, combattendo quelle false con cui certi movimenti radicali fanno presa”.