L'Imam Yahya Pallavicini, Presidente di CO.RE.IS. ci spiega il significato e il valore simbolico dell’incontro di oggi del pontefice con i vertici del più autorevole centro teologico dell'Islam sunnita. Intervista tratta dal sito www.lindro.it
Oggi e domani, diciottesimo viaggio apostolico di Papa Francesco. Destinazione: Egitto. «Pellegrino di pace nell’Egitto di pace», come ha scritto ieri lo stesso Papa Francesco.
Un viaggio che avrà tre dimensioni. Una pastorale, con l’incontro con la piccolissima comunità cattolica del Paese (272mila fedeli, pari allo 0,31% della popolazione, con una struttura sul territorio comunque significativa); una dimensione ecumenica, di dialogo con gli altri cristiani del Paese -è previsto un significativo incontro con Papa Tawadros II, Papa dei cristiani copti, una comunità tra i 9 e 10 milioni di fedeli, ovvero il 10% della popolazione, presa di mira dal terrorismo islamico-; e una dimensione interreligiosa, di confronto con l’Islam sunnita, che rappresenta circa l’89% del Paese.
Ed è proprio la dimensione interreligiosa la ‘cifra’ più importante di questo viaggio. L’incontro con il Grande Imam di Al-Azhar –il più autorevole centro teologico dell’Islam sunnita–, Ahmad al-Tayyib, e il discorso ai partecipanti alla Conferenza Internazionale sulla Pace -organizzata dall’Università sunnita di Al-Azhar, al termine della quale sarà diffusa anche una dichiarazione sul cosiddetto ‘Rinnovamento del discorso religioso’, per contrastare le tendenze fanatiche e estremiste e proseguire nell’opera di consolidamento dei principi di cittadinanza e integrazione -, insieme al Grande Imam, segna un nuovo inizio di dialogo tra la comunità musulmana e quella cristiana, non solo egiziana ma del mondo intero, considerando, appunto, come Al-Azhar sia il cuore dell’Islam- in un momento storico in cui il dialogo costruttivo tra cristiani e musulmani potrebbe essere l’antidoto vincente contro gli estremismi che stanno insanguinando il mondo. Non da ultimo c’è da sottolineare che la giornata di oggi segna anche la fine del ‘gelo’ tra la Santa Sede e Al-Azhar, dopo l’interruzione avvenuta tra il 2006 e il 2011 determinata da interventi di Papa Benedetto XVI che avevano lasciato perplessi i vertici di Al-Azhar e del Governo egiziano.
«E’ una visita storica», ha commentato qualche giorno fa Kadri Abdelmottaleb, capo del protocollo dell’università di Al Azhar, raccontando all’agenzia stampa ‘Sir’ l’attesa «che sale» per la visita di Papa Francesco, e sottolineando che «c’è grande attesa per questa visita», «Papa Francesco è un uomo di pace e lo accoglieremo con grande onore».
Di cosa potrebbe rappresentare la giornata di oggi nel dialogo tra cristiani e musulmani ne abbiamo parlato con l’Imam Yahya Pallavicini, Presidente di CO.RE.IS.(Comunità Religiosa Islamica).
Pallavicini, perché questo incontro è così importante?
E’ molto importante sia a livello locale, ovvero per il Cairo e per l’Egitto, sia a livello internazionale, ovvero per il Medio Oriente e il mondo arabo islamico. Rappresenta la ripresa di relazioni interrotte da tempo. Questa riapertura può, di conseguenza, comportare un rinnovamento della fratellanza, anche istituzionale, tra l’Università Al-Azhar del Cairo e la Santa Sede Vaticana. Le relazioni fra le due furono infatti interrotte in quanto il Governo egiziano e l’Università islamica di Al-Azhar non avevano gradito alcune prese di posizione da parte del Vaticano riguardo alcune decisioni di politica interna e relative anche all’ identità islamica. Entrambe le avevano interpretate non tanto come un libero dibattito, ma come un’ingerenza della politica nazionale egiziana.
Quali sono secondo lei i punti più importanti che saranno affrontati?
I punti da affrontare sono tanti, se guardiamo al panorama internazionale. Io credo, però, che quelli più concreti possono essere la valorizzazione di un’immagine dell’Islam assai distinta da qualsiasi sua strumentalizzazione del terrorismo. Io credo che la distinzione tra i criminali e i veri religiosi e la valorizzazione degli scambi tra veri religiosi, sia cristiani che musulmani, sia l’unico antidoto contro chi utilizza la religione per uccidere. C’è quindi in gioco il rinnovamento dello storico dialogo tra Islam e Cristianesimo, in modo da contrastare l’abuso della religione ed evitare qualsiasi forma di conflitto violento. Un secondo punto, consiste nel facilitare una miglior comprensione e collaborazione tra Oriente e Occidente, tra Paesi più sviluppati anche in termini economici o di visione politica, culturale e dell’educazione. L’obiettivo è quello di evitare dislivelli che possano provocare delle discriminazioni, secondo le quali l’Oriente, o il Mondo Arabo, o l’Africa, o il Mediterraneo vengono discriminati perché poveri o retrogradi, mentre l’Occidente e l’Europa vengono sopravvalutati e decritti come moderni, evoluti o emancipati. L’interesse principale è evitare che si crei una frattura dialettica fra la percezioni di se stessi e la percezione dell’altro. Dobbiamo rispettare le differenze senza creare delle diseguaglianze. Il diverso deve essere fonte di arricchimento nella conoscenza di se stessi nella collaborazione. Qualora questo non venisse rispettato, si rischia di cadere in un narcisismo cronico, in cui si scontrano il narcisismo dell’uno contro il narcisismo dell’altro, ognuno pensa di essere il più bello, il più forte, per poi arrivare alla guerra, dal momento che non viene concepita l’dea di guardare l’altro come diversamente bello, o diversamente forte.